DETT-COLLIER-CECILIA
FLAVIUM-lq
OFIDES-lq
PlayPause
previous arrow
next arrow

INANIS

Antica Bottega Franchi Argentieri - Via di Tor di Nona 60

Roma Jewerly Week
11/17 Ottobre 2021

E’ consuetudine pensare l’architettura come volumi solidi che definiscono lo spazio.

L’indagine morfologica dello spazio inteso come vuoto è alla base dell’esperienza non solo professionale ma anche personale della designer nelle sue collezioni. E’ proprio nel vuoto che si materializza l’energia, gli elementi solidi diventano mero strumento per contenere ed evidenziare il movimento e l’emozione (rappresentati dalle pietre preziose).

Ancor più, l’indagine formale della sua ricerca esprime una chiara lettura del segno, in una studiata gestione progettuale dei materiali ai quali conferisce valenza di linguaggio.

In Ofides il sinuoso andamento naturalistico del serpente viene rafforzato da una generosa costa di plastica tangibilità, in grado di disegnare dinamiche espansioni in dialogo con la luce, stimolando altresì la percezione di un déjà vu di memoria archeologica, senza tuttavia rinunciare alla suggestione dell’andamento tortuoso di un naturalistico corso d’acqua. Il gioco delle spire si fa narrazione in costante evoluzione, Ofidinum si mostra come filiazione del progetto iniziale, stavolta appeso alla struttura collier alla quale si aggrappa in inquieta e giocosa evidenza.

Ma non finisce qui. Simona altera i processi di percezione annullando i vuoti delle anse generate dalla sinusoide dichiarandoli come materia significante: la luce che accarezza le superfici del giallo intenso dell’oro si esalta nei diamanti chiamati a colmare gli spazi definiti dal metallo, restituendo all’osservazione un fluido gioco di riflessi, come in una manovra ottica che attira la vista e la invita a scorrere nel gioco complesso e gioioso di un’esperienza unica, nella quale l’autrice sembra invitarci in un viaggio a ritroso nel tempo, per poi schioccare le dita in una dimensione contemporanea di rara eleganza.

Con sapiente intellettualismo costruisce un progetto evocativo senza cadere nel didascalico in Flavium, chiamando il bronzo ad imitazione del laterizio romano, un anello di porzioni generose in grado di evocare la misura monumentale. Nell’opera ancora una volta Simona si avvale dell’espediente pieno-vuoto, con una cornice mistilinea che in modo concentrico si innesta sul corpo di fabbrica, lasciando ben visibile l’intercapedine tra le due strutture, mentre la cavea concava accoglie un rubino incastonato nell’oro.

Raramente si può leggere tanta architettura e così ben equilibrata in un oggetto così minuto, lasciando intendere che la Scuola Romana di memoria barocca, alla quale si deve la stretta relazione tra architettura e arte orafa, si conserva e sublima nei gesti di un’autrice che riesce a combinare il sapore dell’antico con la forza innovativa del contemporaneo.